Un labirinto millenario
La conformazione vulcanica del territorio ha reso possibile — e quasi naturale — scavare. E così, nei secoli, il sottosuolo è diventato una città parallela, fatta di percorsi e cavità che seguono le stesse direttrici del mondo in superficie.
Ma se in alto c’è la luce, qui sotto c’è l’eco del tempo: ogni goccia d’acqua, ogni graffito, ogni frammento racconta la fatica e la fede, la paura e la resistenza.
Le catacombe cristiane si intrecciano con le cave greche, i resti romani con i rifugi della seconda guerra mondiale. Le cripte barocche si affacciano su cisterne secolari. Ogni livello stratifica usi, credenze e linguaggi.
Più di un’attrazione: un’idea di città
Visitare la Napoli ipogea non è un’esperienza turistica come le altre. È un’immersione.
Non solo nel buio, ma nell’immaginario.
Perché Napoli, da sempre, ha un rapporto viscerale con i suoi spazi nascosti: li abita, li racconta, li teme, li reinventa.
Nel sottosuolo si rifugiano superstizioni, memorie di epidemie, leggende di fantasmi, ma anche racconti di resilienza: luoghi dove si è vissuto e sopravvissuto, dove il buio non è solo assenza di luce, ma luogo dell’origine, dell’ascolto, della trasformazione.
Scendere nel sottosuolo di Napoli è un modo per conoscerla davvero.
Perché questa città — come le sue storie, come i suoi abitanti — non si capisce in superficie.
Bisogna scendere, ascoltare, farsi attraversare
E poi, tornare in alto. Con occhi diversi.